Marco Ulivieri sarebbe stato tra gli artisti in mostra a FaCTo in questo periodo, ma com’è facile intuire, il #lockdown l’ha impedito.
Viene per cui d’obbligo partire dalla seguente domanda:
1) Cosa puoi anticiparci sulla mostra che farai appena possibile nel nostro spazio?
La mostra presenterà le ultime ricerche sulla mia produzione in ceramica, in particolare le sperimentazioni che ho potuto mettere in atto durante la mia residenza cinese al Fuping Art Pottery Village.
I percorsi sono stati fondamentalmente due:
il primo è partito dalla necessità di far innalzare le mie ceramiche, di farle salire sull’asse Y, sfruttando le tecniche che avevo sperimentato in precedenza unite alla forze centrifughe del tornio in rotazione;
il secondo ha puntato decisamente sulla “necessaria” fragilità dei mie lavori per trasformarla in un punto di forza e mettere in discussione il concetto di opera come entità unitaria e compiuta in se stessa.
Durante l’ultimo periodo di residenza, ho iniziato a collezionare vari frammenti provenienti da alcune mie opere realizzate nei giorni precedenti.
Il senso è stato quello di dare una nuova vita a parti di lavori che per motivi diversi erano andati distrutti.
Di fatto in tutti questi anni di sperimentazione, ho conservato con cura ogni minimo frammento di ciò che avevo realizzato, ogni particella sembrava rimandare miracolosamente al lavoro nella sua totalità. Come la foglia che richiama sempre la struttura dell’albero a cui appartiene.
In questo caso però l’appartenenza non è rispettata, i frammenti si mescolano, il loro accostamento è del tutto casuale, sono sicuramente parti di un tutto, ma il tutto è un organismo nuovo, non una ricostruzione.
2) Rispetto agli altri artisti che stiamo virtualmente ospitando tu sei di Castelfiorentino, quindi come noi proveniente dall’Empolese-Valdelsa. Che ne pensi di esprimere per noi un tuo parere sul milieu artistico e culturale di queste parti? E poi, come pensi che reagisca al “dopo-COVID”?
In questi anni ho avuto modo di vivere attivamente il clima culturale del nostro territorio.
È un territorio ricco di talenti e professionalità altamente specializzate,
con personalità artistiche di rilievo e respiro internazionale. Infatti nel 2017 è stato inaugurato l’atelier Marco Bagnoli (artista con il quale collaboro dal 2006), in cui gravitano e interagiscono figure artistiche e professionali molto valide e diversificate.
Parallelamente, ho conosciuto da vicino e partecipato attivamente, sia come collaboratore che come artista, alla straordinaria stagione culturale di Montelupo Fiorentino. Mi riferisco al grande lavoro che l’Amministrazione comunale e la Fondazione del Museo della Ceramica hanno attuato a partire dal 2015/2016, attraverso il coinvolgimento di artisti internazionali e alla loro interazione/collaborazione con le grandi maestranze presenti sul territorio.
In questo ricco programma culturale si inserisce a pieno titolo la recente esperienza di Facto, che ha da subito sostenuto e affiancato le iniziative culturali già in essere, oltre ad organizzare e realizzare un proprio percorso di promozione artistica.
In un clima così fecondo ciò che è stato sapientemente costruito in tutti questi anni non può assolutamente essere spazzato via o messo in crisi in maniera radicale da un’esperienza così complessa come quella che stiamo vivendo attualmente.
La ripartenza pur non facile, non impedisce la progettazione di iniziative derivate da un desiderio e una volontà di procedere con movimento sicuro e deciso.
3) Terza e ultima domanda, rispetto alla tua ricerca artistica. Mi piace molto i concetti sul movimento e sul rapporto di forze (centrifughe e centripete) all’interno dei tuoi lavori; per A Fuoco Solido, presentata allo Spazio Tadini di Milano nel 2014, ho trovato in rete una didascalia molto appropriata: “quest’opera evidenzia l’ambiguità degli stati lontano-vicino perché l’avvicinamento al centro è anche un allontanamento virtuale (prospettico)”. Mi sembra ci siano diversi punti in comune con il periodo attuale e il difficile equilibrio che tutti stiamo vivendo, che ne pensi?
Certo, il moto è sicuramente fondamentale nel mio lavoro. In un certo senso le mie opere cercano di restituire alla vista i processi temporali da cui sono state generate.
Tutte le immagini hanno bisogno di un tempo per essere create e mi piace l’idea che questo tempo si congeli, si soffermi, mostrando a ritroso tutto il suo percorso.
Il moto fugge dal centro o cade nel centro:
centrifugo e centripeto possono anche diventare lontano e vicino e così il centro non può più essere considerato come il punto dove le fughe “si riposano”, dove l’avvicinarsi o l’allontanarsi avvengono lungo un asse di equilibrio rettilineo, bensì diventa un fuoco (solido) carico di problematicità.
L’allontanamento prospettico si rivela e si rileva con una tensione e un movimento che andando verso la scultura indica la ceramica.
Ma la scultura, appena accennata, è fatta di sabbia e polvere e la ceramica è un segno fragilissimo, uno spessore che si curva al solo peso dell’aria.
Entrambe sono espressione di quell’equilibrio precario che è anche alla base delle nostre esistenze.